Perché
apprendere la scrittura a mano e non alla tastiera
DIANE RICHMOND
NOTE E
NOTIZIE - Anno XXII – 10 maggio 2025.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale
di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a
notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la
sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici
selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
L’impiego di computer e
altri dispositivi che presentano una tastiera reale o virtuale per
dattilografare, anziché scrivere a mano con la penna biro, è sempre più precoce
nella scuola, e in vari paesi si sta sperimentando l’apprendimento della
lettoscrittura direttamente mediante computer. Ma studi recenti hanno accertato
e dimostrato che la sostituzione dell’apprendimento della scrittura a mano –
cominciando dagli esercizi più elementari fino alla copia e al dettato in
carattere “manoscritto” – con la dattiloscrittura, ossia la selezione col tocco
delle dita di lettere a caratteri di stampa, condiziona negativamente e, in
alcuni casi, quasi compromette lo sviluppo delle abilità di lettura.
Per cercare di spiegare le
ragioni all’origine di questo effetto negativo, che pone in questione il
rapporto tra apprendimento neuromotorio e codifica delle rappresentazioni
visive delle lettere e delle parole, Gorka Ibaibarriaga, Joana Acha, Manuel Perea
hanno allestito un set sperimentale, prendendo le mosse dalle due ipotesi
principali che si contendono il campo nella spiegazione dell’effetto negativo dovuto
al mancato apprendimento tradizionale della scrittura manuale: il rallentato
apprendimento della lettura dipenderebbe 1) dal deficit di attività grafomotoria; 2) da una riduzione di variabilità
nella forma visiva delle lettere. Lo scopo primario dei tre ricercatori era
stabilire quale delle due ipotesi fosse più vicina alla realtà.
La maggioranza degli studi condotti in
precedenza erano spesso limitati all’apprendimento delle lettere e impiegavano
principalmente l’identificazione visiva delle lettere quale indice di
apprendimento. L’osservazione sperimentale condotta da Ibaibarriaga
e colleghi ha indagato l’impatto dell’azione grafomotoria
e la variabilità in uscita nell’apprendimento di lettere e parole usando uno
spettro di compiti diversi. Il risultato è di sicuro interesse.
(Ibaibarriaga G. et al., The impact of handwriting and typing practice
in children’s letter and word learning: Implications for literacy development.
Journal of Experimental Child Psychology – Epub ahead of print doi: 10.1016/j.jecp.2025.106195,
May 6, 2025).
La provenienza degli autori è la seguente: Universidad del País Vasco
(UPV/EHU) San Sebastian Spain; Biodonostia.
Health Research Institute San Sebastian (Spagna); Universitat de Valéncia Valencia (Spagna);
Universidad Antonio de Nebrija
Madrid (Spagna).
Dunque, i tre studiosi hanno cercato di identificare
il fattore essenziale o decisivo che decreta la necessità di apprendere la
lettoscrittura in modo tradizionale e, a questo scopo, hanno reclutato 50
bambini di età compresa tra i 5 e i 6 anni, il periodo più favorevole
dell’infanzia per questo genere di apprendimento linguistico e,
conseguentemente, per sottoporre a verifica le ipotesi del difetto di attività grafomotoria e del difetto di isoforme visive delle lettere,
ossia dei grafemi corrispondenti a ciascun fonema. A questo fine sono state
insegnate, a questi bambini in possesso 9 lettere dell’alfabeto degli idiomi
della Georgia e dell’Armenia e 16 non-parole (pseudowords),
ossia parole con una struttura simile a quelle della lingua madre ma prive di
significato, inventate dagli autori dello studio. Lo scopo era quello di
verificare come questi bambini apprendessero delle parole sicuramente
sconosciute e sicuramente equivalenti a quelle della madrelingua. Ovviamente si
è proceduto con la verifica del compito nelle due diverse modalità di
apprendimento: a 25 bambini è stato chiesto di copiarle a mano con carta e
matita; agli altri 25 si chiesto di copiarle usando una tastiera.
In questo modo è stata focalizzata l’attenzione sul
ruolo della strumentalità grafomotoria e sulla
sua influenza sull’abilità acquisita (skill) di leggere e scrivere: in
altre parole la memorizzazione della prassi di scrittura come – diremmo noi –
sviluppo di un apprendimento isomorfo associato a quello visivo-vocale della
lettura.
I compiti sperimentali includevano l’apprendimento in
4 condizioni: 1) copiare a mano lettere e parole, 2) tracciare lettere e
parole, 3) dattilografare lettere e parole su un computer con caratteri
differenti, 4) dattilografare lettere e parole su un computer con unico
carattere.
Dopo aver insegnato a ciascun gruppo le nuove lettere
e le nuove parole, e aver fatto esercitare ciascuno dei due gruppi nella
propria abilità di scrittura manuale o mediante tastiera, i tre autori dello
studio hanno sottoposto tutti e 50 i bambini a tre test per verificare la
conoscenza acquisita, e dedurne il ruolo dell’azione grafomotoria
e della variabilità di output di lettere e parole. I compiti post-test
includevano: denominazione, scrittura e identificazione visiva di grafemi e
parole scritte.
I risultati mostrano che i bambini del gruppo della scrittura
a mano hanno raggiunto i livelli più alti di precisione in tutti i compiti
post-test, surclassando gli altri che avevano usato la tastiera; l’importanza
dell’imparare a scrivere con la matita o la penna è apparsa evidente per
l’acquisizione delle rappresentazioni alfabetiche e ortografiche
e ha fornito supporto all’ipotesi del ruolo della strumentalità grafomotoria nell’apprendimento della lettura.
Esaminando analiticamente i risultati di alcune prove, per il cui dettaglio si
rimanda alla lettura integrale del testo dello studio originale, i tre autori
riconoscono un ruolo anche alla variabilità delle rappresentazioni.
In conclusione, riteniamo che non si debbano ignorare
i risultati di questo studio che definiscono con maggiore precisione quanto già
evidenziato da numerose osservazioni precedenti: è necessario imparare a
scrivere in modo tradizionale per un buon apprendimento della lettoscrittura, e
sarebbe preferibile posticipare l’uso del computer a scrittura acquisita,
adoperando in generale nell’infanzia i dispositivi elettronici come sussidi
integrativi e non come sostituti.
L’autrice della nota ringrazia
la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle
recensioni di
argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito
(utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Diane Richmond
BM&L-10 maggio 2025
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